Marianne Dautrey
Dopo una vita da giornalista (Mouvement magazine, Monde des Livres), redattrice (Gallimard, INHA editions), traduttrice di filosofia e letteratura tedesca (Walter Benjamin, Theodor W. Adorno), collaboratrice di numerosi editori, autori, artisti da sola o in gruppo (Marc Pataut, collectif le Perou e Siwa), Marianne Dautrey ha diretto il suo primo documentario creativo nel 2017-2018 (Bazin Roman, co-diretto con Hervé Joubert-Laurencin) e sta per completare il suo secondo (Fontaine. Trentatré minuti a documenta quindici, co-diretto con Hervé Joubert-Laurencin).
Progetto a Villa Medici:
Il punto di partenza preso dalla regista è il film “Claro”, realizzato a Roma nel 1975 dal brasiliano in esilio Glauber Rocha, con Juliet Berto, sua compagna all’epoca, e Carmelo Bene. Questo film affronta diversi temi ancora scottanti: l’esilio, il Sud, il blocco politico e la presa di parola, la poesia e la disperata ricerca della luce.
A quasi cinquant’anni da “Claro”, qualcosa del dialogo democratico e della “chiarezza” si è ancora perso nella Roma e nell’Italia del 2023, che ha portato al governo forze di estrema destra. Paradossalmente, ciò avviene nello stesso momento in cui il Brasile decide di riavvicinarsi alle sue forze democratiche. Così, nel 2023, si gioca uno strano chiasmo rispetto alla Roma del 1975, attraverso la quale l’esiliato Rocha passò per Claro. Marianne d’Autrey propone di mettere in discussione questo chiasmo con la città di Roma come attore, i suoi suoni, la sua luce e le parole che vi circolano.
Immagina © Marianne Dautrey