Art Club #6 Claire Fontaine

“Il progetto di Claire Fontaine (nata a Parigi nel 2004; vive e lavora a Palermo) occupa l’area del giardino di fronte alla Loggia. L’installazione (…) presenta una serie di abiti appesi a dei fili e, a prima vista, trasmette un senso di gioia dietro il quale si nasconde la tragedia dei migranti, trasformando i giardini in un campo di lusso ideale per persone ‘invisibili’. I vestiti appesi tra gli alberi e le strutture architettoniche della Villa suggeriscono l’assenza dei corpi di coloro che non sono riusciti a diventare rifugiati e li accompagnano come un’ombra silenziosa al loro arrivo in città. La Villa diventa così una metafora di un problema sociale sempre cruciale che, accostato alla sua bellezza, emerge con particolare forza. La Loggia è inoltre ornata dalla scritta al neon Ma l’amor mio non muore. Come disse Claire Fontaine in Nous sommes tous des singularités quelconques (2006): “Le ragioni di un amore che non muore si trovano spesso nel passato piuttosto che nel presente. Senza dubbio perché l’amore non ha il senso della realtà, ma ha il senso del possibile, è affine al futuro e al non negoziabile. Il fatto che abbiamo amato il comunismo – e che lo amiamo ancora – significa che per noi il futuro esiste e che non è proprietà privata dei governanti di oggi e di domani. Significa che l’amore che sostiene lo scorrere del tempo, che rende possibili progetti e ricordi, non è possessivo, geloso, non condivisibile, ma collettivo; che non teme né l’odio né la rabbia, che non si rifugia disarmato nelle case, ma corre per le strade e apre le porte chiuse”. Il neon e l’installazione nei giardini vogliono coinvolgere completamente lo spettatore, attraverso un mezzo di seduzione visiva, cercando di toccare tutti i suoi sensi, per invitarlo a riflettere, ancora una volta, sulle relazioni tra gli individui e sui codici etici che le sottendono”.