Studiolo è la rivista annuale di storia e teoria dell’arte dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici. Offre un forum per le ricerche più attuali della storia dell’arte, sia per quanto riguarda i suoi oggetti che i suoi metodi. È particolarmente interessato alla produzione di immagini e agli scambi artistici tra Italia, Francia ed Europa, dal Rinascimento ai giorni nostri. Ogni numero comprende un Dossier Tematico, oltre a tre sezioni: Varia, aperta a proposte fuori tema; Dibattiti, dedicata alla storiografia e alle recensioni di libri di approfondimento; e Villa Medici, Storia e Patrimonio, che si occupa della storia dell’Accademia di Francia a Roma e delle attività e dei progetti di restauro seguiti dal dipartimento di storia dell’arte. Infine, in Champ libre, Studiolo apre le sue pagine alle proposte dei borsisti dell’anno in corso.
L’anno 2020 ha segnato il mezzo millesimo anniversario della morte di Raffaello e ha dato luogo a numerosi eventi.
Mostre, giornate di studio e pubblicazioni hanno fatto luce su una grande varietà di aspetti del lavoro del maestro che fu pittore, architetto, disegnatore, antiquario, imprenditore e artista proteiforme. Le recenti campagne di restauro hanno anche ampliato la nostra conoscenza del suo lavoro. Per esempio, il restauro della Sala di Costantino nel Palazzo Vaticano ha rivelato la mano del maestro nelle figure allegoriche di Iustitia e Comitas, le uniche dipinte a olio in questa decorazione affrescata, che fu creata dai suoi disegni dai suoi allievi, tra cui Giulio Romano e Giovan Francesco Penni.
Studiolo ha voluto unirsi a questo slancio scientifico dedicando il Dossier tematico di questo numero 17 alla questione dell’eredità di Raffaello su un lungo periodo di tempo, dal XVI secolo alla metà del XX. I contributi qui raccolti studiano sia il fascino prodotto da alcune invenzioni dell’artista – come il dispositivo pittorico degli arazzi finti che divenne un paradigma della pittura monumentale manierista e barocca – sia la particolare devozione nei suoi confronti che ne fece una figura di riferimento per i pittori delle generazioni successive.
L’assimilazione del modello raffaellesco attraversa diversi secoli e prende una piega eminentemente politica nel XVIII secolo, quando viene intrapresa la prima campagna di restauro degli affreschi che adornano le Stanze del Palazzo Apostolico. Questo fu il campo di battaglia tra i rappresentanti della “scuola romana” di pittura, che avevano il compito di conservare le decorazioni, e i consiglieri dell’Accademia di Francia a Roma, che volevano continuare a fare copie fedeli applicando carta e ricalco direttamente sulla superficie degli affreschi.
A quel tempo, le fondamenta dei dipinti, come le pareti di un santuario o di una chiesa, erano già coperte dalle firme e dai graffiti di artisti venuti in pellegrinaggio da tutta Europa e che volevano mostrare la loro appartenenza a una comunità artistica ed estetica incarnata dai principi formali e dai valori spirituali dell’arte di Raffaello.
Raffaello divino, “angelo della pittura”, “secondo messia”: l’artista fu santificato non solo dai suoi epiteti, ma anche dal trattamento delle sue ossa, che furono riesumate e riseppellite con grande pompa nel Pantheon nel 1833, e venerate come reliquie. La devozione per Raffaello ne fece un artista di culto. Raffaello è forse anche il primo rappresentante della cultura pop perché, durante la sua vita, era ansioso di far (ri)conoscere la sua opera e ne assicurò personalmente la trasmissione, la distribuzione e la promozione su larga scala attraverso la sua bottega, sfruttando al massimo il potenziale di questo mezzo ancora nuovo, l’incisione.
Indipendentemente dai capricci della fortuna dell’arte di Raffaello nel corso degli anni, questa popolarità ha continuato a crescere grazie all’impulso dato dalla riproduzione di massa dei suoi dipinti di Madonne, putti e santi, che furono scelti dalla cultura visiva popolare cristiana come immagini ideali per rafforzare la fede e stimolare la pietà. Queste immagini hanno un valore pop e pubblicitario, poiché giocano su una forma di “persistenza retinica” dell’opera raffaellesca. È contro questo immaginario kitsch e contro l’uso commerciale dell’arte dei maestri che insorgeranno gli artisti moderni, come il danese Asger Jorn, che ha circondato di scarabocchi infantili una cartolina che riproduce il famoso dettaglio degli angeli ai piedi della Madonna Sistina.
Guardare l’eredità di Raffaello nel corso di diversi secoli dice molto sul rapporto che abbiamo avuto con l’arte e gli artisti del passato attraverso processi di assimilazione e appropriazione. Questa storia ci invita a riconsiderare, ancora una volta, le nuove forme di “religione dell’arte” e di “sacralità dei manufatti artistici” che spesso sostituiscono le antiche pratiche devozionali.
L’Accademia di Francia a Roma è molto lieta di annunciare, attraverso il nuovo design di questo numero di Studiolo, l’inizio della collaborazione editoriale con le Éditions Macula e di riaffermare così l’apertura della rivista alla pluralità di approcci alla storia dell’arte nel mondo contemporaneo.
Francesca Alberti e Sam Stourdzé
Sommario
ÉDITORIAL 5 – Editorial – Francesca Alberti e Sam Stourdzé DOSSIER 10 – « Sono finte in panni, ò vero arazzi riportati ». La (re)naissance des tapisseries feintes dans l’atelier de Raphaël – Roxanne Loos 30 – « Rafaelle da urbino il gran maestro di coloro che sanno ». Maratti, Bellori et l’héritage de Raphaël « peintre universel » – Vincenzo Mancuso 50 – « Marea che si frange » ? Raffaello nella critica e nell’arte italiana del primo Novecento – Virginia Magnaghi 66 – La transfiguration de Raphaël. L’année 1833 – France Nerlich
VARIA 84 – Vin, musique et sexualité, parodie et tradition burlesque européenne chez les peintres caravagesques d’Utrecht – Philippe Morel 104 – Artistes avignonnais à Rome au XVIIIe siècle : une nouvelle hypothèse d’étude – Émilie Beck Saiello eYves Di Domenico 120 – « Los borrones de Ticiano ». The venetian brushstroke and its spanish translations – Diane H. Bodart 142 – « Riflessioni sull’apprendistato dei pittori a Roma tra cinque e seicento » – Patrizia Cavazzini
CHAMP LIBRE 156 – Les Daces – Benjamin Crotty eFanny Taillandier 160 – Une musique monstrueuse – Mikel Urquiza 166 – Sculptures vestimentaires– Jeanne Vicerial 172 – Une apocalypse en kit – Mathieu Larnaudie
VILLA MÉDICIS, HISTOIRE ET PATRIMOINE 182 – La base de données. Les envois de Rome en peinture et sculpture 1804-1914 – France Lechleiter 192 – Actualités du département d’Histoire de l’art
RÉSUMÉS ET BIOGRAPHIES
Sintesi
DOSSIER
« Sono finte in panni, ò vero arazzi riportati ». La (re)naissance des tapisseries feintes dans l’atelier de Raphaël – Roxanne Loos Nella sua descrizione degli affreschi concepiti da Raffaello per la volta della camera di Eliodoro, Giovan Pietro Bellori ritiene opportuno precisare che essi «sono finte in panni, ò vero arazzi riportati» sottolineando così il carattere innovatore di un simile sistema decorativo. Questi «arazzi riportati» – o finti –, che hanno visto la luce nei primi decenni del Cinquecento, nell’atelier del maestro di Urbino, sono frutto della duplice riflessione dell’artista sugli arazzi veri e propri per la Cappella Sistina, e sui decori ornamentali. Raramente esaminate come un insieme loro insieme, queste opere rappresentano tuttavia una parte importante della ultima produzione del pittore, che sarà fonte di ispirazione, per tutto il XVI secolo, per i successivi decori monumentali, confermandosi tra i principali riferimenti del manierismo.
« Rafaelle da Urbino il gran maestro di coloro che sanno ». Maratti, Bellori et l’héritage de Raphaël « peintre universel » – Vincenzo Mancuso Questo articolo si propone di ritracciare le grandi tappe del culto che il pittore Carlo Maratti (1625-1713) ha sempre rivolto alla figura di Raffaello, interrogandone le modalità artistiche, storiografiche e istituzionali della rivendicazione dell’eredità raffaellesca. Dal suo arrivo a Roma, Maratti è stato formato da Andrea Sacchi nella convinzione di essere erede di una tradizione artistica che risaliva a Raffaello e ha studiato le opere maggiori del maestro del Rinascimento. In tutta la sua produzione, gli ha costantemente reso omaggio, in particolare nella decorazione della cappella della Presentazione della Basilica di san Pietro e nella Cappella Cybo a Santa Maria del Popolo. Grazie al suo primo biografo, Giovan Pietro Bellori, Maratti ha acquisito gli strumenti intellettuali per legittimare nel mondo artistico romano questa filiazione con Raffaello, che per estensione, lo avvicinava alla figura del pittore universale. In parallelo, ha anche sviluppato un’attività di restauratore che gli ha permesso di intervenire sulle opere del Rinascimento e di proteggerle. Il suo ruolo nella direzione di questi cantieri darà origine a un conflitto istituzionale che lo vedrà opposto al direttore dell’Accademia di Francia a Roma.
« Marea che si frange » ? Raffaello nella critica e nell’arte italiana del primo Novecento – Virginia Magnaghi Questo studio affronta il destino di Raffaello nella critica e nella pittura italiana del primo XX secolo. La ricerca risponde all’esigenza di interrogarsi per la prima volta su quello che per Raffaello è sempre stato etichettato come un periodo di sfortuna. A questo scopo sono dapprima individuati i principali snodi della vicenda raffaellesca raccontata dalla storia dell’arte tra il 1900 e il 1950: il prevalere, con poche eccezioni, di una narrazione ancora vasariana su un Raffaello perfetto ha di fatto ostacolato un più articolato discorso storico-artistico, capace di attirare l’attenzione degli artisti sul pittore urbinate. In un secondo momento, due casi di evidente, e tuttavia finora inosservata, citazione raffaellesca fanno luce sui possibili meccanismi di traduzione pittorica adottati in due campi cruciali per la pittura di allora: la ritrattistica da cavalletto e la grande pittura murale.
La Transfiguration de Raphaël. L’année 1833 – France Nerlich Nel terzo decennio dell’Ottocento, la presenza di Raffaello nel dibattito specialistico internazionale va intensificandosi, grazie anche alla pubblicazione di importanti volumi (da Quatremère de Quincy, a Karl Friedrich von Rumohr e Johann Friedrich Passavant, tra gli altri). Allo stesso tempo, resta una figura vivace nell’immaginario artistico, sia per la persistenza delle sue opere nelle riproduzioni, sia pe la presenza per il soggetto. Il modo in cui gli artisti approcciano Raffaello è tuttavia lungi dall’essere univoca. La relazione con l’opera e l’eredità del maestro si ramifica in posizioni spesso diametralmente opposte, tra religione dell’arte e storia dell’arte, tra l’arte concepita come espressione del transitorio o visione immutabile. E, nel confrontarsi alla materialità del corpo di Raffaello, esumato nel 1833, la varietà di queste diramazioni si rivela in modo sempre più manifesto.
VARIA
Vin, musique et sexualité, parodie et tradition burlesque européenne chez les peintres caravagesques d’Utrecht – Philippe Morel Questo studio si situa nell’incrocio di tre temi di ricerca, la cultura burlesca e il ruolo della parodia tra XVI e XVII secolo, la rappresentazione della temperanza e dell’intemperanza nell’arte europea e l’importanza del riso nell’arte olandese del periodo. Si tratta di mostrare come gli artisti caravaggeschi di Utrecht abbiano fatto della parodia sulle invenzioni dei loro colleghi italiani e francesi, in particolare Manfredi e Valentin de Boulogne, mettendo in evidenza il rapporto tra la musica e il vino sotto il segno della temperanza. Così Honthorst e i suoi compagni mettono in opera una deviazione o inversione semantica di una gestualità codificata dai loro predecessori, usando la metafora e il doppio senso tipico della tradizione burlesca, largamente diffusa e condivisa dalla letteratura e dall’arte europea dei due secoli in questione.
Artistes avignonnais à Rome au XVIIIe siècle : une nouvelle hypothèse d’étude – Émilie Beck Saiello et Yves Di Domenico Avignone era uno Stato pontificio sotto l’autorità del papa fino al 1791. L’articolo si interroga sul possibile impatto tra una carriera a Roma e un’origine avignonese attraverso l’esame della carriera di due artisti nati nella «Città dei Papi», Etienne Parrocel e Joseph Vernet. Come questi pittori avignonesi sono riusciti a inserirsi nel panorama artistico locale? Oppure quale rete gli ha permesso, a differenza degli altri francesi presenti nella Città Eterna, di ottenere numerose commissioni e di beneficiare di un rapido riconoscimento? L’esame delle fonti individuate permette di evidenziare la permanenza di un asse Avignone-Roma nel XVIII secolo, un asse fino ad allora poco considerato nello studio degli artisti avignonesi e contadini a Roma in epoca moderna.
« Los borrones de Ticiano ». The venetian brushstroke and its spanish translations – Diane H. Bodart Da Venezia alla Spagna, da Tiziano a Velázquez, la pittura di colorito porta nel cuore della sua matrice il difetto della macchia – borrón o mancha in castigliano. Zona informe di colore che insudicia, deturpa e nasconde la superficie sottostante, la macchia è nondimeno riscattata dal discorso sulle arti per essere potenzialmente creatrice di forme. In questo registro, tuttavia, il confine tra pittura perfetta e cattiva pittura è estremamente esile: mentre Tiziano e Velázquez vengono lodati per l’illusionismo miracoloso della loro pennellata, i loro seguaci sono biasimati come imbrattatori, empastadores, manchantes. In base all’analisi delle implicazioni semantiche e tecniche della traduzione della macchia veneziana nel borrón spagnolo, il saggio indaga nei suoi processi trasformativi l’interpretazione del modello di Tiziano in Spagna.
Riflessioni sull’apprendistato dei pittori a Roma tra Cinque e Seicento – Patrizia Cavazzini Per molti pittori che operarono a Roma all’inizio del Seicento, e in particolare per vari caravaggeschi, è quasi impossibile ricostruire sia l’apprendistato che i primi anni di carriera. Le difficoltà non dipendono dalla casuale mancanza di documenti o perdita di opere, ma riflettono le condizioni che sussistevano all’epoca a Roma. Solo i pittori di secondo rango, e perlopiù quelli che avevano una bottega dedita alla vendita di dipinti, offrivano a un giovane la possibilità di svolgere un apprendistato tradizionale presso di loro, offrendo insegnamento, vitto e alloggio per un certo numero di anni. I pittori più affermati tendevano ad avere rapporti poco continuativi e non vincolanti con i giovani che aspiravano a diventare pittori, offrendo un insegnamento discontinuo e non strutturato.
VILLA MÉDICIS, HISTOIRE ET PATRIMOINE
La base de données. Les envois de Rome en peinture et sculpture 1804-1914– France Lechleiter Dal 2016 al 2019, il Département des études et de la recherche dell’Institut national d’Histoire de l’Art (INHA) ha accolto il programma «Banca dati sugli Envois de Rome in pittura e scultura dal 1804 al 1914». Accessibile dalla piattaforma AGORHA dell’ INHA, esso raccoglie attualmente 1583 schede di opere, 945 fonti archivistiche, 391 schede individuali e 739 riferimenti bibliografici e rende possibile scoperta e lo studio di una collezione unica nel suo genere, testimone di oltre un secolo di politica artistica ufficiale e istituzionale in Francia. L’articolo offre una presentazione di questo nuovo strumento, del funzionamento come delle potenzialità, analizzando in particolare i risultati di una ricerca condotta sulla produzione di copie dipinte e disegnate dei borsisti dell’Accademia di Francia tra il 1804 e il 1914.
Studiolo n°17 (2021)
Raphaël/Raffaello Coedizione Académie de France à Rome – Villa Médicis e Macula Éditions. Pubblicazione: novembre 2021 208 pagine – 122 ill. coul. 23 x 31 cm 29 € ISBN 978-2-86589-133-7 ISSN 1635-0871
Immagine: Scuola di Raffaello, dopo i disegni del maestro, particolare dell’angelo che incornicia Urbano I (dopo il restauro), 1520 circa, Sala di Costantino, Palazzo Vaticano. Éric Vandeville / AKG-images